top of page

OUVERTURE

The winner isDevotchka

editoriale di Antonello Garaguso

In questo numero di MAGAZZINO come la più scontata delle favole – dove si conoscono le dinamiche e si prevede il finale, sempre lieto – parleremo di virale, influenze e vari rimedi. Ora chi non si aspettava un argomento del genere? Nessuno.

Questo è il motivo principale per il quale abbiamo detto: “Cavolo, in un anno così pieno di incertezze, non ci mettiamo pure noi!” Abbiamo voluto confermare, sottolineare, scrivere e sottoscrivere che ognuno di noi ha una carica virale superiore a zero.

In medicina, il caricamento virale, è la quantità di virus che l’individuo ha nel sangue.

Ora, potrà cambiare il supporto, potrà cambiare la materia di riferimento, ma certo è che ognuno di noi ha una componente virale nell’animo, negli account social o nei vari dispositivi elettronici. Purtroppo, questo aggettivo è spesso associato a qualcosa di sbagliato, di nocivo.

Il virale fa male. 

Se usciamo dal campo medico, potrei azzardare che il virale è un’opportunità. Ovviamente è una dimensione che utilizza uno strumento per diffondere un concetto, un’idea, un prodotto, e come tale, chi utilizza questi strumenti decide come, e se, farne qualcosa di buono.

La  maggior parte delle volte siamo passivi di fronte a eventi virali, non decidiamo niente, ma siamo comunque vettori del fenomeno.

Pensiamo ad un meme, un modo di dire, una frase che diventa virale, è inevitabile utilizzarla per esprimere concetti comuni, o per sfruttare l’immediatezza di un messaggio – soprattutto se utilizziamo piattaforme e strumenti in cui l’oggetto in questione ci è nato, cresciuto e alla fine morto. Si perché il virale è un fenomeno circoscritto – a volte per fortuna – e caratterizzato da una durata determinata. 

Ora, se penso alla parola virale mi vengono in mente fondamentalmente tre cose:

la pandemia, i meme e Tiktok. In realtà sono tutti esempi connessi. In campo mediatico, perché qualcosa diventi virale ha bisogno di alcuni fattori imprescindibili: un evento che accomuna quante più persone possibili, un linguaggio semplice e immediato, e una piattaforma che punta tutto sulla condivisione. 

Tiktok, deve il suo successo proprio a questo, il tuo profilo/personaggio/contenuto funziona se è condiviso, se frutto di una condivisione e se riproducibile da tutta la rete di contatti.

Jia Tolentino (giornalista del New Yorker) ha definito la piattaforma Tiktok una “fabbrica di meme che comprime il mondo in pillole di viralità”, e lo hanno ben compreso gli artisti del mondo musicale che, per la promozione di un nuovo singolo, si precipitano a coreografare subito il ritornello della propria canzone, affinché raggiunga immediatamente quanto più pubblico possibile. 

 

Virale è quindi il nuovo marketing.

Quindi ora le hit estive, non devono solo contenere il motivetto che lentamente, nei mesi di giugno/luglio/agosto, ti mangiano i neuroni fino a renderti assuefatto, ma devono avere un piccolo inciso che si presti a piccoli passi ammiccanti e facilmente riproducibili (anche se non sei un ballerino della tournée di Bruno Mars). 

 

Virale è un arma potentissima. Dove, per arma potentissima si intende anche un boomerang. Per spiegare bene questo concetto è d’esempio un evento che ho appreso da un articolo letto su Vice che iniziava cosi:

Ci sono stati parecchi momenti bassi nell’orribile dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden. Uno di questi è arrivato quando il presidente non solo ha rifiutato di condannare i suprematisti bianchi e le violenze dei neofascisti, ma ha detto ai Proud Boys—un gruppo estrema destra fondato nel 2016—di “stare fermi e tenersi pronti” (“stand back and stand by”). I membri del gruppo che “the FBI considers the group to be an extremist organization with ties to white supremacy” hanno utilizzato subito l’hashtag per manifestare il proprio orgoglio e l’appoggio da parte del presidente, che, ovviamente, ha un consenso elevato da parte loro. Tutto molto lineare e funzionale sia alla campagna elettorale del presidente, sia alla diffusione di un’idea - quella del gruppo dei Proud Boys - che si basa sull’odio verso il diverso. Se non fosse che un’altra fetta della società, che sta agli antipodi rispetto alle ideologie appena descritte, ha utilizzato questo hashtag per mandare un messaggio provocatorio uguale e contrario. Una comunità che sull’essere proud ha basato tutta la propria comunicazione e divulgazione per sostenere l’amore verso tutti (e tutto). Così iniziano a sorgere nel mondo social immagini che ritraggono amori lgbt con l’hashtag #proudboys.

Il virale - non - fa male. 

 

Virale è moltiplicatore di definizione.

Quando pubblichi un contenuto che inizia la sua scalata verso il successo, verso la definizione più ambita di “virale”, devi mettere in conto che, prima della decadenza del messaggio, questo sarà ormai snaturato dalla sua prima definizione. Ad ogni condivisione l’oggetto/contenuto subisce deformazioni e modificazioni che possono essere apportate per volontà dell’utente o perché viene condiviso su piattaforme e canali differenti, che possono alterarne il formato, ad esempio. In questo senso il messaggio del contenuto virale, subisce una variazione, in addizione o sottrazione.

 

Virale è ….

Virale è tante altre cose. Gli articoli che leggerete sono di varia natura e affrontano il tema da prospettive altrettanto differenti.

*L'omino che danza in apertura è una gif di instagram. Provate a mettere in una vostra storia una musica (quella che più vi garba), andate nelle gif e cercate "dancer". Trovate questa gif ed usatela: sta bene praticamente su tutto. Se lo fate taggate @magazzino e @antonellogaraguso

 

Ora scusatemi ma prenderò un piccolo spazio per parlarvi della prima uscita di MAGAZZINO e dei “magazzinieri”. 

Quando è uscito il NumeroZero di Magazzino, mentre stavamo raccogliendo consensi e critiche, pensavamo già al numero successivo e a tutte le iniziative che volevamo lanciare dopo aver affermato e comunicato chi siamo e come lavoriamo.

Anche se l’uscita della rivista è semestrale non abbiamo mai smesso di lavorarci. 

Non credo di aver già scritto da qualche parte, né di avere avuto occasione per ringraziare le persone che hanno reso possibile la realizzazione di questa idea.

Volevo ringraziare personalmente, pubblicamente, palesemente, principalmente le persone che hanno lavorato fino ad ora a Magazzino. Di solito questo tipo di ringraziamenti vengono sempre alla fine di un'esperienza, alla fine di un percorso, invece ci tengo a sottolineare quanto sia difficile partorire qualcosa. Oltre ai magazzinieri (che sono tutte le persone strettamente legate alla rivista, dall’ideazione alla produzione), volevo ringraziare, questa volta in maniera corale, anche chi ci ha supportato nell’uscita del primo numero attraverso donazioni, risposte alla call e collaborazioni che sono nate in corso d’opera.  

Eccovi (vedi pagina successiva) tutti in elenco - sperando di non aver dimenticato nessuno - voi che avete supportato MAGAZZINO NumeroZero e che spero continuiate a fare altrettanto con gli altri numeri.

Alessandra Casciaro, Alessandro Di Stefano, Alessandro Graciotti, Alessandro Michele Sarcina, Alessandro Narcisi, Antonella Troiani, Benedetta Imbastaro, Carlo Ferroni, Carlo Vinti, Caterina Luciani, Chiara De Angelis, Christian Acquaroli, Claudia Vagnoni, Daniele Casolaro, Dario Stronati, David Cicala, Davide Petrini, Davide Romanella, Elia Virgili, Elisa Bianchi, Emanuele Carpineti, Federica Voltattorni, Federico Rita, Francesca Domenici, Francesca Luzi, Giulia Muscatelli, Guido Benigni, Ilaria La Torre, Jacopo Mascitti, Katy Caraffa, Leo Marucci, Linda Raffaeli, Lorenzo Bevini, Luca Rossetti, Lucia Borroni, Lucia Cazzato, Luna Casali, Manuel Scotichini, Marco Butteri, Marco Chiappini, Marco De Luca, Mariangela Francesca Balsamo, Marta Leita, Mary Papetti, Massimo Fermani, Matteo Capeccia, Matteo Perticarà, Matteo Pranzetti, Matteo Quinzi, Matteo Sampaolesi, Miriana Bottigliero, Nicolò Sardo, Niko Mercuri, Omar Labombarda, Paolo Cardorani, Pierluigi Antonini, Roberta Cocci Grifoni, Roberto Montani, Rossella De Giosa, Sara Santarelli, Sofia Tedeschi, Valentina Cavanna, Valentina Paciaroni, Valerio Vallorani, A Ovviamente la SAAD. 

bottom of page