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IL SARTO DEL PAPA

Intervista tra sacro e profano

intervista a cura della Redazione

Buongiorno Filippo, siamo molto felici di poterti intervistare, seguiamo con interesse la tua attività artistica che rappresenta una nicchia di eccellenza nel mondo della sartoria. Non sapremmo quasi da dove iniziare perchè potremmo parlare per ore per tutto quello che fai e per i campi progettuali che vai a toccare con la tua attività artistica. Sembri un personaggio che vedremmo bene in una sceneggiatura di Sorrentino. Siamo impressionati sicuramente da uno dei suoi ultimi lavori “The Young Pope”. Citiamo questa serie perchè ci aiuta a spiegare meglio il nesso tra il tuo lavoro, diviso tra sacro e profano, e il tema Pop-Porno che affrontiamo in questo numero di Magazzino.

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R: La serie in questione pone un forte accento sulla potenza espressiva delle vesti sacre, che rappresentano un elemento importante nell’iconografia religiosa, tema caro al mondo dell’arte. Ci vengono in mente i preti danzanti fotografati da Mario Giacomelli nella serie fotografica ambientata a Io non ho mani che mi accarezzino il volto, oppure nel cinema la celebre pellicola di Fellini Roma, un elenco di citazioni che potrebbe essere molto lungo. Come nasce nel tuo interesse per questa specifica area dell’attività sartoriale? Come si sviluppa l’Atelier LAVS?

F: LAVS nasce prima di tutto dalla Fede. Mi rendo conto che oggi quest’affermazione può sembrare completamente fuori luogo o fuori dal nostro modo di vivere… ma la Fede è anche questo. Avere Fiducia, guardare in alto e riconoscere l’esistenza di un qualcosa superiore della nostra portata è stata la scintilla che ha acceso la mia attività professionale. Tutto quello che sono lo devo principalmente ai momenti in cui accompagnavo mia madre a pulire la chiesa parrocchiale di Mondolfo; avevo appena cinque anni. Pensate cosa significa per un bambino essere catapultato in un ambiente lontano anni luce dalle sue abitudini: da solo ho aperto gli armadi, ho visto i paramenti sacri, in sacrestia ho visto turibolo e incenso, sono finito poi sulla cantoria dov’è custodito l’organo… insomma nel tempio dove regna la Bellezza. LAVS nasce proprio da questo innato desiderio di continuare a contribuire a rendere bella la liturgia della Chiesa attraverso i suoi ministri. È bellissimo poterlo raccontare e testimoniare quanto sia possibile far nascere la propria professione attraverso la curiosità e la passione per la Bellezza. LAVS, da piccola realtà gestita in una piccola stanza oggi ha un team di dodici persone che attraverso la ricerca iconografica costante e il lavoro minuzioso di mani sapienti, tra Mondolfo e Santarcangelo di Romagna realizza Vesti sacre per la gerarchia cattolica di tutto il mondo.

R: Uscendo dall’accezione più sessuale del termine porno, volevamo parlare della pornografia come linguaggio esplicito di un contesto. Rapportandolo al tuo lavoro questo linguaggio possiamo definirlo intrinseco ad un uso importante dei ricami, dei materiali del filamento, dell’attenzione nell’impreziosire i dettagli degli abiti talari?

F: Francamente trovo eccessivo il termine sfarzoso. Piuttosto, come avete anticipato nella domanda, parafrasando il termine porno ed eliminandone la cornice espressamente sessuale, oserei dire che i paramenti sacri che progetto, raggiungono un’idea di estetica impeccabile. Non si parla di esagerazione ma di equilibrio formale, nel pieno rispetto delle norme liturgiche, ossia quel complesso tradizionalmente definito delle cerimonie e delle formule di un culto, anche relativamente a riti o funzioni determinate.

R: In una delle tue interviste citi le parole di San Francesco che risolvono, almeno dal punto di vista “ministeriale”, il dubbio sullo sfarzo indossato da qualsiasi ministro durante le funzioni ecclesiastiche. San Francesco scriveva: “la povertà si ferma ai piedi dell’altare”. Vuoi raccontarci la tua idea riguardo a questo?

F: In un mondo come quello di oggi, che corre e basta, che dimentica le proprie radici, fermarsi sul concetto del Necessario o della coltivazione dello Spirito credo appaia come proprio “fuori dal mondo”. Ecco, Spirito, Liturgia e Bellezza non hanno infatti bisogno di riferirsi alla nostra dimensione quotidiana, anzi oserei affermare che non devono! E’ perciò comune, nell’immaginario di un uomo lontano come quello di oggi, porsi queste domande: Perché la Chiesa che predica la povertà è tanto “ricca”? Ci sono almeno 4 considerazioni che si possono portare a chi muove ai cattolici questa critica, riflettendo su quel che veramente significano nella Chiesa “povertà” e “ricchezza”.Una delle questioni che più frequentemente vengono proposte nelle ore di religione cattolica o negli incontri di catechesi è quella riguardante la cosiddetta “ricchezza” della Chiesa. Ma è mai possibile – si chiede solitamente – che la Chiesa possegga tanta ricchezza pur predicando la povertà? E allora è bene chiarire alcuni punti per saper rispondere a questo interrogativo, che – come abbiamo già detto – è molto diffuso. La povertà non va confusa con il pauperismo; la Verità non può essere separata dalla bellezza; la ricchezza della Chiesa… non è della Chiesa; la Chiesa non è del mondo, ma è nel mondo. La povertà è un valore che deve essere tenuto in considerazione da tutti i cristiani. Tutti sono tenuti ad essere “poveri”, perché la povertà è rapportarsi nel modo corretto ai beni materiali, nel senso che questi beni non possono e non devono essere considerati “fini”, ma solo “mezzi”. Nelle Beatitudini Gesù chiama i poveri «beati», mentre dice: «Guai a voi, ricchi». Ebbene, quella povertà e quella ricchezza non devono essere pensate in senso economico. Il “povero”, evangelicamente, non è colui che non possiede nulla, quanto colui che, pur possedendo, sa che quella ricchezza va considerata solo come mezzo per praticare il bene e avvicinarsi a Dio. Invece il “ricco”, in senso evangelico, non è colui che necessariamente possiede, bensì colui che è tanto pieno di sé da non saper far posto a Dio nella sua vita. Prendiamo San Francesco d’Assisi, prototipo della vera povertà. Questo grande Santo ci teneva a far capire ai suoi frati che la strada della loro povertà doveva essere considerata come una delle tante per arrivare in Paradiso, ma non l’unica strada. La necessaria strada per chi sceglieva la loro vita, ma non per gli altri. Tanto è vero che chi, tra i francescani, la pensò in maniera difforme dal Serafico Fondatore, finì con l’uscire dalla Chiesa e morire eretico. Citiamo nuovamente San Francesco d’Assisi. Questo grande Santo patrono della nostra Italia, pretendeva la massima povertà per i suoi frati, ma il massimo splendore per gli edifici ecclesiastici. Egli diceva che le chiese dovrebbero essere adornate di oro e di argento tanto è la grandezza che contengono, ovvero il Santissimo Sacramento. I paramenti liturgici, che le clarisse del tempo di San Francesco cucivano, erano adornati di oro zecchino, perché così voleva il Serafico Padre. La bellezza, infatti, deve significare la Verità: “La povertà si ferma ai piedi dell’altare” (San Francesco d’Assisi). La Verità deve essere significata dalla bellezza. E la bellezza è anche maestosità, è anche “ricchezza”.

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R:  A noi interesserebbe molto sapere qual’è il tuo approccio alla realizzazione degli abiti sacri: per esempio la scelte dei ricami e quanto questi devono essere impreziositi. Potresti raccontarci come nascono le tue opere? Qual’è il tuo percorso progettuale?

F: Il periodo storico di riferimento è quello medievale, per predilezione e per la sua purezza di segni e di simboli. L’ispirazione nasce da qui: tagli, geometrie per gli ornati, gemmature, colori. Il disegno preparatorio parte da questa consapevolezza ma ad influire ulteriormente sulla progettazione sono altri due fattori: la committenza ed il luogo dove la veste sacra verrà utilizzata.

R: Oltre al tuo lavoro nel settore “del sacro”, abbiamo notato la tua predisposizione artistica e una trasversalità (sia di tecniche che di tipologie) che spesso si esprime tramite performance, fotografie, pitture, profumi, che potremmo dire siano maggiormente legate al mondo umano (profano) e che, dobbiamo dire, riesci a conciliare perfettamente tra di loro. Qual è il tuo rapporto con l’arte? Che cosa spinge la tua ricerca artistica

F: Questo nostro mondo è complesso per chi pensa e per chi esegue. E’ un’infinita sceneggiatura e spesso la si condivide almeno qualche istante coloro che percorrono delle scelte simili. Mai identiche, ma simili. La storia mi ha insegnato che sono esistite delle figure che hanno avuto come comune denominatore la una ricerca incessante verso una particolare idea dell’arte e della Bellezza. Talvolta questa ricerca è divenuta una nevrosi, per altri una battaglia… non idea del numero, ma di certo sono convinto che in passato e nel presente credo di essere in ottima compagnia. Vorrei che le persone sappiano che io non sono un privilegiato. Talvolta ritengo invece di essere uno spirito “disgraziato” che ha come purgatorio personale quello di faticare sempre per comunicare l’Essenza delle cose, senza sosta, senza riposo, senza pace. Mi ha sempre preoccupato il fare per lasciare qualcosa. Sono convinto che amare significhi anche comprendere e lasciar libero, trovare chi ti apprezza senza cambiarti, chi condivide senza contaminare, chi ti lascia nel tuo mondo e per portarti nel mondo.  Anche con un passo più indietro del tuo, perché non è la posizione del tuo corpo che conta. È ciò che si sente e che va oltre le cose e le azioni. Sono per l’audacia, il coraggio, la determinazione nell’essere fuori dagli schemi. Sono contro la vendita a tutti i costi, credo che non lo accetterò mai. E questo immediatamente mi catapulta fuori alla realtà di oggi. Sono per chi protegge e non per chi possiede. Sono per chi soffre per la verità e per ciò che vuol dire nella vita. Ma la mia difficoltà più grande è l’essere compreso e questo fa di me una persona molto sfortunata: molte persone con meno contenuti ottengono risultati incredibili spendendo un briciolo di energia. Chiamiamola sorte? Fortuna? Destino? Mi capita spesso di pensare di sbagliare qualcosa perché ci si illude di contare qualcosa oggi; ma siamo immersi nel mondo dell’indifferenza quotidiana generale, combattendo la vita e sopravvivere ad essa, cercando di afferrare con le proprie mani qualcosa che non ha corpo. E ci si accorge persino che il talento diventa un peso e non un orgoglio. Chi sceglie tutto questo? Io o qualcun altro? O sono semplicemente le associazioni di eventi e di idee? L’uomo è davvero il motore della propria esistenza o è semplicemente un protagonista di un gigantesco gioco a scacchi? Non potremmo mai saperlo. Scegliere e saper lasciare sono in assoluto le virtù più importanti per un uomo… tutto qui. Lo sbaglio dell’uomo sta nel fatto di sentirsi importante. Io non credo di esserlo. La libertà è importante è perché significa agire. Avere delle convinzioni. Tutto il resto passa e scorre via. E si deve combattere per quello in cui si crede veramente. Il resto non conta niente.

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R:  Parliamo ora della profumeria artistica. Sappiamo che il tuo lavoro in questo settore è iniziato con una linea ispirata agli odori e agli incensi di chiese e cattedrali, che poi nel tempo si è sviluppato fino alla ricerca artistica dei packaging dei profumi. Vorresti raccontarci che cosa ti ha spinto a sviluppare questa ricerca? Quanto influisce/contamina il tuo lavoro sartoriale nella creazione di una linea di profumi?

F: Le strade s’incrociano perché tutti i sensi sono in cammino. E quando in silenzio ci si immerge verticalmente nel dialogo libero i sensi cominciano a parlare tra loro. Forse è questo il momento in cui le cose nuove nascono, alimentate dalle radici del passato per trovare un colore nuovo attraverso il ricordo. LAVS, il mio atelier è la radice, UNUM con le sue declinazioni - e le successive collezioni - è il colore nuovo che si staglia attraverso la storia dei paramenti sacri e la alimenta con il suo prolungamento sensoriale. Mancava alle Vesti sacre il profumo che li descrivesse prima di essere consegnate e impregnate di Spirito. UNUM, è nato così, con questa misteriosa esigenza, definendo un eterno dialogo tra le Vesti sacre e il loro luogo, tra me e l’uomo consacrato che ricoperto si svela nella Bellezza più autentica che non va a saldo o che risente di tendenze o velocità della moda.  Mi chiedo spesso qual è il fine delle cose che faccio. Di certo vivo con il desiderio costante che possa ricapitarmi quell’attimo assoluto che mi fa congiungere alla Bellezza. E’ un attimo felice e feroce che mi fa essere nel mondo per descriverlo attraverso le immagini nascoste del mio pensiero.  Anche questo progetto, nel suo stare nel mondo, mi aiuta prima di tutto a comprendermi e, forse, farmi comprendere dagli altri; da tempo oramai ho deciso di raccontare la mia vita attraverso i doni che ho ricevuto. Il mondo di UNUM è un ulteriore colore nella tavolozza della mia vita, un altro accordo nello spartito del mio essere nel mondo. UNUM, con i suoi suoni olfattivi, ci porta nelle prossimità di quel mistero che nessuna parola raggiunge e dove lo Spirito che ci porta nel luogo dove l’orchestra dei sensi produce quel suono sacro che è tempo assoluto, è essenza senza lingua ma che parla a noi con le fiamme del silenzio.

R: Il nesso più esplicito con il tema PopPorno della rivista è la tua ultima linea di profumi che può essere letta in due modi diversi: “xse” oppure “sex”.

Vorresti introdurci come nasce questa linea di profumi e perchè la duplice lettura?

F: Sono fermamente convinto che il profumo è anche una forma d’indagine sociale. Dopo i viaggi tra arte, musica, materia, sentimenti e stai d’animo era forse giunto il momento di parlare in maniera chiara e definitiva di un argomento così difficile e nascosto. Il sesso - quello privato e non convenzionale, quello fuori dalla routine e spesso lontano dalle logiche quotidiane - è diventato una raccolta di quattro odori che avvolgono la propria pelle ed amplificano quel particolare desiderio o quella determinata situazione. XSÉ è diventata una collezione che enfatizza il proprio momento di perversione e vuole descrivere un modo di vivere la sessualità fuori dagli schemi e dalla routine.

R: Il legame tra i canali olfattivi e la stimolazione erotica non è una novità: gli odori infatti possono essere responsabili dell’attivazione dell’eccitazione sessuale. Il profumo è un’esperienza sensoriale e svela a chi ci sta intorno un aspetto “di sé” che, soprattutto per quest’ultima linea di profumi con una complessa dimensione erotica, possiamo quasi definire feticista, perversa. Le collezioni di profumi artistici hanno sempre un retro-racconto personale o mistico: ci racconteresti qual è il tuo retro-racconto “sessuale” dei profumi che compongono la tua ultima linea?

F: Ciascuna delle quattro fragranze che compongono la collezione sono analisi profonde e vere, che raccontano per la prima volta e senza pudore le esigenze, i desideri e le proprie manifestazioni di un piacere umano, nella sua complessa dimensione erotica, e che oggi ha più possibilità di rappresentare sé stesso come “normale” o come un “extrait de perversion”.

· cyber-sex È l’odore della distensione immaginativa, è l’insieme delle idee più intime di auto-attivazione e di induzione al benessere, è un addiction, cioè dipendenza, una corrispondenza sessuale senza filtri ma col filtro-muro del proprio raggio ambientale. È il rumore denso della ventola di un pc che sprigiona suoni olfattivi di elettronica distribuendoli su di una pelle pulsante e bagnata dalle variazioni ormonali del desiderio.

· popper-pop È l’odore stupefacente dell’euforia che incornicia, e che rimanda alla sua sintesi che ha origine nel XIX secolo. E’ quell’effetto breve ma intenso che disinibisce e che fa scuotere la testa e la follia. Sono trenta secondi di psichedelica immaginazione, di salite e discese verso colori inaspettati e pattern geometrico-sensoriali e percettivi lontani dall’esperienza lucida e quotidiana.

· sligthly-b!tch È l’odore delle notti “artigianali”, delle campagne solcate dalle gomme delle automobili bruciate da fuochi improvvisati su una strada statale. È quel rossetto low-cost sbavato, quel naso posato sui vestiti succinti dal forte odore di detersivo sottomarca, ma che regalano emozioni improvvise, quelle di un’immaginazione giovanile eccitata.

· cruising-area È l’odore del mito notturno, ripetuto a codice in tutto il mondo, fin dai tempi antichi. E’ la ritualità che permette a chi ne fa parte di riconoscersi, consciamente o meno, come appartenente, di esserne iniziato, di utilizzarla, di non poterne fare a meno. È quello spazio nascosto, sotterraneo, dai passaggi impervi ed oscuri, dalle mura ammuffite e pregne di piacere effimero, dove si abbandona il divismo personale per lasciar spazio alla propria sola nudità senza mai interrogarsi sul chi si è veramente.

R: Ultima domanda: ci siamo conosciuti (siamo entrati in contatto) proprio tramite la rivista. Volevamo chiedere se hai dato uno sguardo al numero precedente e cosa pensavi a riguardo.

F: È uno spirito nuovo e brillante e ne sono entusiasta. La rivista è un bellissimo contributo a far conoscere voi giovani, i vostri desideri e i vostri linguaggi. C’è tanto da imparare da voi e mi offre molti spunti per non invecchiare mai con pensieri ed emozioni. Avanti così!

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