VOCABOLARIO
PORNO-GRAFICO
Playboy, foodporn e revenge porn
articolo di Marina Luz Ferla

L’opera dell’artista messicana Teresa Margolles PM10 consiste in 313 copertine di riviste della malfamata Ciudad Juarez, nota per essere un luogo di delitti contro le donne. Le immagini di violenza si trovano inquietantemente accanto a annunci pubblicitari di stampo erotico.
Tutti conoscono Playboy. È la rivista per l’intrattenimento adulto più conosciuta al mondo. È ormai una icona pop riconosciuta. Viene citata in film, canzoni, nelle battute conviviali di tutti i giorni. Ma in quanti si sono soffermati sul significato del termine “Playboy”? “Gioco” e “Ragazzo”. Quando pensiamo all’universo del porno immaginiamo un ragazzo nel pieno dell’adolescenza che sostituisce i giochi dell’infanzia con una nuova forma di intrattenimento. Non bisogna però ridurre il porno alla sfera sessuale, perché la pornografia pervade tutta la nostra società, e ciò è dato dal fatto che il porno è consumo, motore della società capitalistica globale. Il porno è il appagamento di un istinto, è qualcosa che richiede di essere assimilato: basti pensare a hashtag come #foodporn, utilizzato per descrivere quegli alimenti che si vorrebbe divorare in un solo istante. Eppure, nella velocità dell’hashtag o nella giocosità ammiccante di Playboy trascuriamo la cura del corpo, sia da un punto di vista fisico che relazionale. L’utilizzo di “porn” accanto a “food” non solo affianca sesso e cibo, entrambi bisogni primari dell’uomo, ma esprime anche l’esasperazione di questo rapporto: un piatto esteticamente piacevole al punto da non sembrare più un gesto d’amore verso il corpo umano, ma piacere estetico con funzione orgasmica. Il dono del cibo si trasforma in consumo vorace: avviene la perdita d’identità del pasto come momento relazionale che viene sostituita con una gestualità a tutti gli effetti pornografica, in quanto questo chiede solo di essere consumato. La pietanza deve essere anzitutto mangiata con gli occhi nei primi otto secondi (durata della soglia d’attenzione secondo uno studio del Times uno in meno rispetto alla concentrazione di un pesce rosso) in cui viene avvistata. Questa tendenza umana a prestare poca attenzione spesso ci porta a prediligere il junk food a un piatto che richiede maggiore cura. È a causa della ossessiva ricerca della comodità del consumo facile che l’obesità è ad oggi una delle più grandi minacce della salute pubblica.

Autore Martin Parr Titolo Real Foods
Tokyo, Giappone Anno 1998
Il porno esplica rapporti di potere e possesso. Le relazioni umane, che siamo sempre più incapaci di intrattenere, sono complesse e hanno maggiore possibilità di fallimento. Il margine di fallimento è dato dalla libertà che ha l’altro di voler stare in rapporto con noi. In una società che ci sprona costantemente verso la performance di successo, il fallimento è inaccettabile. Per questo, il rapporto con l’immagine pornografica risulta più attraente e vantaggioso: un content di ogni formato si può controllare, manipolare, se ne può avere totale controllo. Il simulacro di un corpo su una rivista o sul web è più facile da possedere rispetto a un corpo umano fisico con cui si entra in dialogo. Essere circondati e allo stesso tempo fruire costantemente della pornografia implica il deterioramento dell’incontro con l’altro. Vari studi indicano come all’aumentare del consumo di materiale pornografico corrisponda un incremento della possibilità di esercitare violenza sessuale, fisica e verbale che si manifesta soprattutto come controllo e sottomissione dell’altro. Un effetto di questa cultura, che è diventato rilevante anche all’interno del dibattito politico è il cosiddetto revenge porn, il fenomeno in cui materiale sessualmente esplicito viene condiviso senza il consenso dei protagonisti. La diffusione di questo materiale, spesso per rivalsa, ha come scopo quello di umiliare il soggetto ritratto all’interno del contenuto durante un momento di intimità, che doveva rimanere tale. Statistiche rivelano che il 90% delle persone che subiscono l’umiliazione online sono donne. “Se si parla di vendetta, si dà per scontato che la vittima abbia fatto qualcosa e che meriti una punizione, e nemmeno la pornografia ha molto a che fare con la condivisione non consensuale di immagini intime. Questa è una violenza di genere che va chiamata con il suo nome.” Così scrive la sociologa Silvia Semenzin che da anni si occupa della violazione dell’intimità online.
Tramite l’immagine pornografica posseduta e in vari casi anche diffusa, viene soddisfatta l’esigenza del controllo sul corpo, pretesa che nell’immagine pornografica viene appagata: la vittima è soggiogata due volte: dal corpo maschile e dallo spettatore dell’immagine, che usano come giocattolo (appunto, Playboy) il suo corpo, privandolo di quella libertà che viene vista in varie circostanze come una colpa che va punita.
Viene esercitato potere sul corpo attraverso il giusto distacco dall’emotività e dal sentimento, elementi che rendono invece così complicati ma anche interessanti i rapporti reali. L’immagine pornografica non solo mette freddamente a nudo il corpo, ma esplicita la dinamica di potere che pervade ormai ogni relazione.
La famosa frase “Tutto nel mondo riguarda il sesso, tranne il sesso. Il sesso è potere” non è mai stata così vera come nel XXI secolo: grazie all’attrazione che sempre più esercita la pornografia nella pop culture, questa ha fatto sì che guadagnasse potere nella nostra quotidianità, i ruoli nei film porno sono diventati degli stereotipi di tutti i giorni. In che modo uscire da questa dinamica di potere dell’industria culturale sul nostro modo di vivere la relazione con il nostro corpo o con quella degli altri? Come si può insegnare una forma di intimità che abbia rispetto del corpo altrui? Adottando uno sguardo critico sul mondo del porno, parlandone, squarciando il velo della maya secondo cui non si può parlare della sessualità e dei vari modi con cui essa può essere vissuta. La censura del discorso attorno al ruolo della pornografia ha fatto sì che quest’ultimo si elevasse a ruolo di insegnante di educazione sessuale, assumendo sempre più potere non solo a livello di business, ma anche a livello culturale. La rappresentazione leggera e simpatica del porno promossa dalla cultura pop nasconde al suo interno argomenti di peso non indifferente che vanno sollevati e non lasciati a terra sotto l’ombra dell’ennesima storia adv di Instagram.
A Campaign of the Cyber Civil Rights Initiative, Inc.
END REVENGE PORN
Revenge Porn Statistics*
Statistics regarding the total sample:
• 1606 total respondents, 361 Victims
• 61% of respondents said they had taken a nude photos/videos of themselves and
shared it with someone else
• 23% of respondents were victims of revenge porn.
Statistics on Revenge Porn Victims:
• 83% of revenge porn victims said they had taken nude photos/videos of themselves and shared it with someone else
• 90% of revenge porn victims were women
• 68% were 18-30 years old, 27% were 18-22
• 57% of victims said their material was posted by an ex-boyfriend, 6% said it was posted by an ex-girlfriend, 23% said it was posted by an ex-friend, 7% said it was posted by a friend, 7% said it was posted by a family member
Information that was posted with the material:
• Full name: 59%
• Email Address: 26%
• Social network info/screenshot of social network profile: 49%
• Physical home address: 16%
• Phone number: 20%
• Work Address: 14%
• Social Security Number: 2%
• 93% of victims said they have suffered significant emotional distress due to being a victim
• 82% said they suffered significant impairment in social, occupational, or other important areas of functioning due to being a victim
• 42% sought out psychological services due to being a victim
• 34% said that being a victim has jeopardized their relationships with family
• 38% said it has jeopardized their relationships with friends
• 13% said they have lost a significant other/partner due to being a victim
• 37% said they have been teased by others due to being a victim
• 49% said they have been harassed or stalked online by users that have seen their material
• 30% said they have been harassed or stalked outside of the Internet (in person, over the phone) by users that have seen the material online
• 40% fear the loss of a current or future partner once he or she becomes aware that this is in their past
• 54% fear the discovery of the material by their current and/or future children
• 25% have had to close down an email address and create a new one due to
receiving harassing, abusive, and/or obscene messages
• 26% have had to create a new identity (or identities) for themselves online
• 9% have had to shut down their blog
• 26% have had to close their Facebook account
• 11% have had to close their Twitter account
• 8% have had to close their LinkedIn account
• 26% have had to avoid certain sites in order to keep from being harassed
• 54% have had difficulty focusing on work or at school due to being a victim
• 26% have had to take time off from work or take less credits in/a semester off
from school due to being a victim
• 8% quit their job or dropped out of school
• 6% were fired from their job or kicked out of school
• 13% have had difficulty getting a job or getting into school
• 55% fear that the professional reputation they have built up could be tarnished even decades into the future
• 57% occasionally or often have fears about how this will affect their professional advancement
• 52% feel as though they are living with something to hide that they cannot
acknowledge to a potential employer (such as through an interview).
• 39% say that this has affected their professional advancement with regard to
networking and putting their name out there
• 3% have legally changed their name due to being a victim
• 42% haven’t changed their name, but have thought of it
• 42% have had to explain the situation to professional or academic supervisors,
coworkers, or colleagues
• 51% have had suicidal thoughts due to being a victim
• 3% of victims have posted revenge porn of someone else
*Survey results were achieved from a survey that was hosted on endrevengeporn.org from August 2012-Dec 2013.
Participants self-selected into the study by visiting our websites and filling out the survey on their own accord. Results depicted are reflective of a female-heavy sample, due to most of our site visitors being women.
