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OUVERTURE

Ouver2reLazza

editoriale di Antonello Garaguso

Da Treccani Vocabolario

 

magażżino (settentr. magażżéno) s. m. [dall’arabo makhāzin, pl. di makhzan, der. di khazana «conservare, immagazzinare»; nel sign. 2 sul modello del fr. magasin, e nel sign. 4 sul modello dell’ingl. magazine]. […] 4. Titolo di periodici illustrati in voga nei sec. 18° e 19°, sul modello dei magazines inglesi (per es., il M. toscano di Livorno, dal 1754, il M. italiano di Venezia, dal 1767, ecc.).

 

Nell’ultima voce del dizionario si legge un’accezione differente dall’uso che generalmente facciamo della parola magazzino: l’effettiva traduzione della parola inglese magazine. 

Nel 1731 viene pubblicato Gentlemen’s Magazine. Il suo fondatore aveva come obiettivo quello di raggruppare in un solo periodico una serie di articoli per lui rilevanti che per il numero elevato della produzione di giornali, quotidiani e riviste del tempo non avevano ottenuto risalto, nonostante fossero interessanti.  Anche in Italia iniziano a sorgere alcune riviste con la stessa finalità ma, dopo il diciottesimo secolo, i periodici che portano il nome magazzino nella testata tendono a scomparire.

 

Da qui, Magazzino. Questa rivista è una miscellanea di articoli, punti di vista, oggetti e visioni che come in un magazzino possono essere ordinati su appositi scaffali o accatastati in un angolo.

 

Ho sempre pensato che il “Numero ZERO” portasse sfortuna, ma sarebbe troppo semplice dire: lo avevo detto. Ho visto molti progetti e manifestazioni nei quali “numero zero” ha significato “primo e unico”. Non vorrei augurarci la stessa sorte, ma è chiaro che il periodo in cui usciamo con il primo numero è molto difficile per tutti. 

La parola del duemiladiciannove era Resilienza. Ovviamente non sapevamo ancora cosa ci avrebbe riservato il nuovo anno. A noi, il ventiventi sembrava una data affascinante, ridondante, un anno bisestile, insomma una serie di fattori favorevoli che avrebbero fatto da contorno a questa nuova esperienza. Pensavamo di avere tutte queste variabili dalla nostra parte e che avremmo iniziato questo progetto sotto la benedizione dell’allineamento di astri positivi.  Noi che siamo resilienti dal duemiladiciannove, abbiamo deciso lo stesso di presentarci al mondo con il primo numero di questa rivista, spero non l’ultimo – come spero nella sopravvivenza della specie.

 

Questa raccolta di riflessioni e progetti è il frutto di chiacchierate tra studenti che spesso avvengono nei corridoi della nostra facoltà, quando il professore decreta finita la lezione e alcuni di noi restano lì a parlare dei propri interessi che spesso convergono nell’architettura e nel design. La volontà iniziale era quella di mostrare la nostra scuola attraverso uno sguardo non istituzionale, semplicemente attraverso i nostri progetti. Volevamo archiviare, mostrare e valorizzare tutto il lavoro svolto al suo interno e al tempo stesso volevamo creare anche un posto in cui si potesse parlare degli interessi degli studenti, declinando a modo nostro le parole Design e Architettura, fuori da schemi accademici e impostazioni scolastiche. Qui tutti gli studenti avranno uno spazio per esprimere il proprio pensiero. Ovviamente non tutti saranno professionisti, critici o visionari del settore – non lo dice il mio pessimismo, sono dati statistici – ma se si apprendono le basi e il metodo della ricerca progettuale, tutti noi potremo dire di essere ad un livello differente rispetto a coloro i quali avranno compiuto un percorso prettamente professionale. In chiave più concreta, la rivista presenta due sezioni ben distinte. La prima è il risultato di una call in cui chiedevamo progetti, articoli, avviando dibattiti sul tema di questo numero, la seconda invece è un magazzino in senso fisico, dove sono “conservati” i progetti svolti durante i semestri accademici. Non mancano delle rubriche che man mano – crediamo – cresceranno numericamente, come ad esempio Alumni, dove raccontiamo cosa fanno gli ex studenti della nostra scuola.

 

 

Quando abbiamo scelto il tema per questo numero, non pensavamo che poi l’avremmo dovuto vivere realmente. Perché è palese che quella che stiamo vivendo è una situazione borderline. Un po’ come quando – citando meme di varia natura affiorati come funghi – il Papa praticando slapping sulla povera credente, non pensava che avrebbe scatenato l’ira di Dio e del popolo cinese. Ad ogni modo questo tema credo possa essere il tema dell’intero progetto Magazzino e non solo del Numero – sfortunatissimo – ZERO, perché questa rivista digitale e cartacea è una rivista che non ha dei perimetri ben definiti, si pone sempre lungo il confine tra più tematiche, iniziando dalle nostre due discipline madre: l’architettura e il design. Al confine tra materiale inedito e materiale d’archivio. Prendete, dunque, questo numero non tanto come il lancio di un progetto allo stato embrionale ma come una sfida.

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Queste parole, scritte in un momento in cui non si può uscire, connessi solo attraverso schermi e mentre per le vie ascolane una camionetta passa urlando la voce del sindaco (in un primo momento pensavo fosse Mario Giordano) alternata alle note di Mameli, non utilizzatele per giudicare l’intero assetto della rivista. Le pagine che seguiranno saranno sicuramente più interessanti di queste prime righe, volutamente leggere, provocatorie e confusionarie, buttate giù velocemente in un periodo inaspettatamente pesante.

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